Undici anni dopo la strage di Odessa – almeno quarantasei vittime nell’assalto di frange organizzate dell’ultradestra neonazista ucraina ai manifestanti “antiMaidan” rifugiatisi nella Casa dei Sindacati – una sentenza della Corte europea dei Diritti umani (Cedu) condanna l’Ucraina per l’acquiescenza e per le gravi negligenze della polizia con la conseguente mancata protezione del «diritto alla vita» delle persone coinvolte, per i gravissimi ritardi dei soccorsi e per il modo in cui sono state insabbiate tutte le indagini avviate a fronte della strage.
Il 2 maggio 2014 resta una delle pagine più nere – in tutti i sensi – della recente storia dell’Ucraina, quando un incendio all’interno della Casa dei Sindacati provocò quarantasei vittime ufficialmente riconosciute, una decina delle quali morte perché provarono a lanciarsi dalle finestre dell’edificio per salvarsi. Un corteo di tifosi in occasione di una partita di campionato, considerato dalla stessa polizia a rischio in quanto formato anche da attivisti pro Maidan, comprese certe frange neonaziste affrontò un gruppo di manifestanti «pro federalismo», cioè ucraini filo-russi, o favorevoli a una forma di governo meno centralizzata e più rispettosa delle minoranze russofone.
Spinti dalla pressione dei facinorosi di estrema destra, i federalisti si barricarono prima in un supermercato e poi si spostarono nella vicina Casa dei Sindacati. A questa venne dato fuoco con un fitto lancio di molotov da parte dei neonazisti. Le fiamme cominciarono a divampare tra i piani, alcuni manifestanti morirono nel rogo, altri si buttarono dalle finestre trovando la morte per mano degli assalitori. Secondo certi testimoni, infatti, molti vennero giustiziati dai militanti di estrema destra e le vittime sarebbero molte di più di quelle «ufficiali».
La causa presso la Cedu, nota come «Vyacheslavova e altri contro Ucraina», era stata intentata da familiari delle vittime della strage, quando i militanti dell’organizzazione neonazista Pravyj Sektor, uniti con gli ultras delle squadre di calcio Cornomorec’ Odessa e Metalist Kharkiv nelle file dei “pro-Maidan”, assaltarono e incendiarono l’edificio in cui avevano cercato rifugio i manifestanti della parte opposta.
Le vittime, come abbiamo già visto, morirono bruciate o cercando di sfuggire alle fiamme gettandosi dall’alto. La più giovane di loro era un ragazzo di diciassette anni, membro della Gioventù comunista ucraina. A coloro che hanno fatto ricorso, la Corte di Straburgo ha dato ragione su tutto, incluso il ritardo di mesi nella restituzione di una delle salme. Per il risarcimento dovuto ai ricorrenti vengono valutate anche le conseguenze psicologiche e mentali sofferte per la spietata condotta delle autorità ucraine.