Il primo caso europeo di febbre Oropouche è stato trovato in Veneto. L’infezione è causata da un virus diffuso usualmente nell’Amazzonica. La diagnosi è dovuta al Dipartimento di malattie infettive tropicali e Microbiologia dell’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar. Il caso riguarda una paziente che di recente ha viaggiato nella regione caraibica.
Il virus è stato isolato nel laboratorio ad alto livello di biosicurezza Bsl3 del Dipartimento, primo passo per poter creare test diagnostici specifici e studi sulla capacità di trasmettere il virus da parte dei potenziali vettori come zanzare e moscerini, diffusi anche in Europa. Spiega Federico Giovanni Gobbi, direttore del suddetto Dipartimento Negrar, che “La febbre Oropouche è causata dall’omonimo virus (Orov), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago. Ciò che è più rilevante è che si tratta di un virus che viene trasmesso all’uomo dalle punture di insetti, in particolare moscerini e zanzare”.
I sintomi della febbre Oropouche sono quelli tipici che caratterizzano anche altre febbri virali tropicali. Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e Patogeni emergenti dell’Irccs, spiega che essi si manifestano usualmenteo dai tre agli otto giorni dopo la puntura dell’insetto vettore e sono analoghi a quelli di “altre febbri virali tropicali come Dengue, Zika o Chikungunya: febbre alta (oltre i 39 °C) accompagnata da mal di testa, dolore retrorbitale, malessere generale, mialgia, artralgia, nausea, vomito e fotofobia“. Nel 60% dei casi dopo la fase acuta, i sintomi si ripresentano, in forma più leggera: in genere da due a dieci giorni, ma anche dopo un mese.